Notiziario
La natura ha le sue regole e per capirla bisogna studiarla e avere spirito di osservazione. Studiare l’ecologia di un determinato ambiente e capirlo per conoscerlo e conoscere le relazioni e i processi biologici sotto il profilo scientifico. Possiamo affermare che non esiste organismo vivente indipendente dall’ambiente in cui vive poiché nessun organismo è autosufficiente — infatti dipende da altri organismi presenti nel suo ambiente. Perché un vivente sopravviva è necessario che l’ambiente gli fornisca le condizioni adatte a rimanere in vita ed a svolgere tutte le attività vitali. L’ecologia studia i rapporti tra i vari organismi viventi e l’ambiente di cui fanno parte. La vita è possibile in un’area che comprende la superficie terrestre e lo strato d’acqua ,essa è chiamata biosfera che è influenzata da molti fattori il più importante sono le radiazioni solari che forniscono l’energia necessaria alla sintesi clorofilliana ed il calore necessario alla vita di molti organismi e alla evaporazione dell’acqua che poi tornerà a cadere sotto forma di pioggia. La biosfera è considerata come un insieme di sistemi chiamati ecosistemi, definiti fisico chimico circoscritto, nel quale tutti gli organismi viventi e gli oggetti inanimati interagiscono con l’ambiente stesso nel quale le sostanze si trasformano secondo un ciclo continuo. Esempio, un prato, una foresta oppure un lago sono considerati ecosistema. Gli organismi che vivono in un ecosistema formano una comunità biologica o biocenosi , mentre si chiama popolazione gli individui di una specie che vi sono presenti. La parte non vivente dell’ecosistema esercita sui viventi un’ influenza importantissima ed è influenzata , a sua volta , da questi ultimi prendendo il nome di ambiente fisico – biotipo. In ogni ecosistema si verificano tre tipi di rapporti interazioni all’interno della biocenosi tra la biocenosi ed il biotipo ,– tra i vari fattori del biotipo. Esaminare i tre tipi di rapporti che si verificano all’interno di un ecosistema per farlo prendiamo ad esempio un lago. Il biotipo sarà caratterizzato dall’acqua, dal terreno, del fondale e dalla riva, dall’ area sovrastante e la superficie. Formeranno la biocenosi tutti gli esseri viventi presenti nel lago o dipendenti da esso , quali tutte le varie popolazioni di piante acquatiche e alghe, mammiferi, volatili, i pesci , molluschi, batteri, protozoi e cosi via fino a giungere al plancton – piccoli organismi animali— incapaci di contrastare il movimento delle alghe unicellulari – diatome — Se esaminiamo la biocenosi , ci rendiamo conto che tutti gli individui sono legati tra loro da molti rapporti di dipendenza. Soprattutto competono fra loro per il cibo, la luce , l’ossigeno e lo spazio vitale, questo prende il nome territorialismo, un insieme di reazioni di parecchie specie di animali ad individuare un territorio per la propria attività, fattore importante perché stimola la dispersione della specie in un dato ambiente sfruttandone la massima attività. Esaminato il primo tipo di interazione.. quello tra la biocenosi , ora daremo uno sguardo fra biocenosi e l’ambiente fisico. La luce solare, il suolo e la temperatura sono alcuni fattori dell’ambiente fisico che influenzano la biocenosi. E’ noto che le piante verdi abbisognano di luce solare per la fotosintesi clorofilliana che in sintesi , come acqua ed anidride carbonica costituiscono il glucosio che utilizzano come alimento ed emettono ossigeno nell’atmosfera , quindi in un lago le troveremo ad una certa profondità dove arriva la luce. Tale profondità dipende anche dalla limpidezza dell’ acqua. Nei laghi più limpidi la luce penetra fino a una ventina di metri di profondità. In quei laghi che hanno un forte apporto di sostanze nutrienti quali il fosforo e azoto vi è una grande proliferazione di alghe e quindi un in torcimento delle acque, un fenomeno dei più diffusi nei nostri laghi o bacini come le cave. Questo fenomeno riguarda le interazioni della presenza umana in un ecosistema – interazione tra biocenosi e ambiente fisico– Altre interazioni tra la biocenosi e ambiente fisico di un lago o cava vi sono altri fattori quali, la temperatura giornaliera e stagionali alle varie profondità che hanno grande influenza per gli organismi che vivono nell’acqua ed i cambiamenti che può subire l’ambiente a causa dei resti di alcuni organismi .
Per esempio una riduzione del lago o bacino a causa dell’accumularsi eccessivo di piante morte in decomposizione oppure un cambiamento del colore e composizione dell’acqua dovuta agli acidi organici che ne derivano. Inoltre fra i vari fattori dell’ambiente fisico questi possono essere distinti in temporanee, come ad esempio una variazione del livello dell’acqua , e permanenti , come nel caso di uno sconvolgimento naturale o dei detriti depositati nel lago da un immissario, cause cioè che possono mutare radicalmente ed in modo in modo duraturo la fisionomia dell’ ambiente. La biocenosi è formata da diverse popolazioni che vivono in stretti rapporti. Il rapporto si chiama equilibrio biologico . La densità delle popolazioni viene espressa dal numero degli individui presenti in un dato momento. Gli studi sulla densità di popolazioni è molto importante poiché è proprio su di esse che ci si deve basare per ricostruire un ambiente. In seguito tale ambiente fosse molto ristretto e senza possibilità di rinnovamento la densità della popolazione tenderebbe a diminuire bruscamente fino alla completa estinzione della specie , causa della competizione sempre più accanita , delle contemporanee diminuzione del cibo e l’accumularsi dei rifiuti . Immaginiamo che in un lago fossero immesse alcune trote feconde .. nel primo periodo il tasso di riproduzione sarebbe più alto rispetto a quello della mortalità e la popolazione aumenterebbe considerevolmente in poco tempo . In seguito però, la lotta per il cibo diventerebbe più dura e molte trote resterebbero più deboli ed esposte a malattie e morte.. allora la densità tenderebbe a ridursi ed a stabilizzarsi verso un certo equilibrio , grazie anche alla selezione naturale . Altri fattori influiscono sulla densità delle popolazioni ad esempio le variazioni della temperatura , la luce , che possono essere positivi o negativi alla popolazione. Ora vediamo l’habitat dei pesci, luogo in cui vive caratterizzato da una somma di requisiti fisici necessari alla sua esistenza. L’habitat è un organismo che deve avere in sé tutte le condizioni di esistenza adatte, quali composizione del terreno, temperatura acqua luce atmosfera e viene chiamato tollerante se un determinato pesce sopporta una bassa qualità di temperatura, di ossigeno disciolto nell’acqua. Quindi possiamo dire che la distribuzione geografica di una specie è condizionata dei suoi limiti di tolleranza. In un ecosistema le sostanze utilizzate sono sempre le stesse secondo un ciclo continuo. Al primo gradino vi sono organismi autrofi, sostanze inorganiche dell’ambiente e sono chiamate produttori di alimenti .Poi vi è la serie di consumatori di alimenti e questi si chiamano erbivori, che a loro volta sono prede dei carnivori, che si dividono in carnivori di primo grado e si nutrono di erbivori , quelli di secondo grado si nutrono esclusivamente dei carnivori di primo grado. Alla loro morte i carnivori di secondo grado , entreranno in decomposizione e le loro sostanze saranno cibo per alcuni organismi detti saprofiti, che rimetteranno in circolo le sostanze che saranno preda di alti organismi. Un altro elemento è quello degli organismi chiamato demolitori .. funghi , batteri che decompongono resti ed escrementi di animali in sostanze semplici e dei trasformatori sostanze ottenute dai demolitori in composti che vengono usate dai produttori e rimesse in circolo. Tradotto in esempio in un lago esistono tre tipi di produttori , le piante acquatiche , le alghe e le micro alghe galleggianti che formano il fitoplancton .A cibarsi dei produttori saranno gli erbivori quali piccoli crostacei che formano la parte maggiore del zooplancton . Quindi l’energia accumulata fitoplancton passa agli erbivori .. questi ultimi saranno preda dei carnivori di primo grado che sono piccoli pesci che consumano e usano la loro energia . A loro volta saranno preda di altri pesci – predatori — , i carnivori , i carnivori di secondo grado . Nel lago i saprofiti sono rappresentati dai gamberi d’ acqua dolce e da alcune specie di chiocciole e pesci. I demolitori saranno batteri ed alcuni funghi o muffe che cederanno le sostanze rese semplici ad altri batteri . Poi saranno le alghe ad assorbirle ridando quindi al via ad un nuovo ciclo. Vi sono rapporti precisi che se venissero alterati sfalserebbero il ciclo con conseguenze per l’equilibrio dell’ecosistema. Attraverso l’uso della piramide alimentare vengono schematizzati cosi. Nella parte bassa vi sono i produttori in numero maggiore gli erbivori che sono rappresentati più in alto — più sopra ed in numero minore i carnivori di secondo grado. Quindi dal basso —produttori— alla sommità — carnivori di secondo grado –, il numero degli individui andrà diminuendo progressivamente. Immaginiamo che nel lago vi siano molti produttori.. essi saranno sufficienti ad alimentare diciamo 200 erbivori che a loro volta forniranno nutrimento per 50 pesciolini .. questi ultimi basteranno a sfamare soltanto un grosso carnivoro di secondo grado.
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Vittoria di ClientEarth e Lipu: il Consiglio di Stato ordina alla Regione Lazio di arrestare la distruzione del Lago di Vico, in provincia di Viterbo
Una sentenza rivoluzionaria per l’Italia, ma che potrebbe avere importanti riflessi per future cause legali sulla biodiversità in Europa.
È quanto dichiarano ClientEarth e Lipu dopo che il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’appello delle due Ong per la salvaguardia del Lago di Vico: il Consiglio di Stato ha infatti ordinato alla Regione Lazio di agire immediatamente per “contrastare" la distruzione di un habitat protetto concedendole sei mesi di tempo per adottare le misure necessarie a contrastare la distruzione degli habitat protetti del lago.
Si tratta del terzo atto di una serie di ricorsi presentati dalle ONG: con quest’ultimo il Consiglio di Stato, con sentenza definitiva e non più appellabile, ha giudicato la Regione Lazio in palese violazione del suo obbligo giuridico di salvaguardare il lago di Vico - sito naturale protetto e fonte di acqua potabile – dal pericoloso inquinamento causato dalla coltivazione intensiva di nocciole che viene effettuata nella zona. La Corte aveva già condannato le autorità dopo che i residenti dell’area erano stati privati dell'acqua potabile a causa del medesimo inquinamento.
L’accumularsi nel lago di fertilizzanti utilizzati nelle coltivazioni intensive di nocciole ha favorito la proliferazione di alghe rosse, e creato un ambiente nocivo sia per la natura sia per gli abitanti, avendo reso l'acqua – normalmente bevuta nelle vicine Ronciglione e Caprarola – non potabile.
Il Tribunale ha riconosciuto che le autorità erano a conoscenza di questo problema da lungo tempo, ma non hanno agito.
Francesco Maletto, avvocato di ClientEarth, ha dichiarato: “Questa sentenza chiarisce una volta per tutte: protetto significa protetto. Le autorità non possono stare a guardare e permettere che l’agricoltura intensiva degradi in modo irreversibile questo importante territorio. Il tribunale si è spinto più in là di quanto fatto in precedenza, non solo chiedendo alle autorità di porre fine ai comportamenti dannosi, ma anche di invertirne la rotta. Si tratta di una svolta per il diritto della biodiversità in Italia”.
“Il mancato rispetto della Direttiva Habitat, ha dichiarato Giorgia Gaibani, responsabile Difesa del territorio e Natura 2000 della Lipu, sta provocando la distruzione dei fragili habitat del lago, compresi i terreni necessari alla coltivazione delle preziose nocciole italiane. Questo modo insostenibile di fare agricoltura comprometterà la capacità della natura di provvedere negli anni a venire, come sempre ha fatto, alle comunità del luogo”.
Il lago di Vico non è solo un bel lago, ma un perfetto esempio di come uomo e natura siano interdipendenti. Gli habitat protetti stanno venendo distrutti e interi paesi privati di acqua potabile senza chiare alternative. “Le autorità devono ora dare seguito alla sentenza del tribunale - aggiungono ClientEarth e la Lipu” e intraprendere azioni immediate per rimediare ai danni causati al lago dalla prolungata negligenza delle autorità”.
In aggiunta a questa recente sentenza del Consiglio di Stato, ClientEarth e Lipu hanno già contestato in giudizio, con successo, la mancata adozione da parte delle autorità - e, in particolare, della Regione Lazio – di misure efficaci per risolvere la crisi della potabilità delle acque e per ridurre i livelli di nitrati nocivi, come richiesto dalla normativa tanto europea quanto nazionale. Alla Regione Lazio è stato ordinato di creare una Zona Vulnerabile ai Nitrati e di adottare misure per il risanamento dell'acqua.
I link ai comunicati precedenti:
Note per i redattori
Contesto legale
Nel giugno 2022, ClientEarth e Lipu avevano inviato lettere di diffida alle pubbliche amministrazioni della Regione Lazio e dei Comuni di Ronciglione e Caprarola, nonché alle Autorità di gestione del servizio idrico, chiedendo che gli obblighi comunitari e nazionali venissero rispettati. I gruppi ambientalisti avevano ricevuto risposta dalla Regione Lazio in merito alle violazioni della Direttiva Habitat e dalla ASL in merito al mancato rispetto della Direttiva sull'acqua potabile. Tuttavia, ClientEarth e Lipu-BirdLife Italia avevano trovato queste risposte insoddisfacenti. La Regione Lazio, autorità competente rispetto all’applicazione della Direttiva UE sui nitrati, non aveva infatti risposto alla lettera delle ONG, mentre le preoccupazioni del gruppo sulla qualità dell'acqua potabile erano state ignorate sia dai Comuni che dai responsabili del servizio idrico.
A seguito di queste risposte insoddisfacenti, nell'ottobre 2022 i gruppi ambientalisti hanno portato le autorità in tribunale. Nel febbraio 2023, il TAR Lazio ha dato ragione alle organizzazioni, ordinando alle autorità di conformarsi alla direttiva sui nitrati. A seguito della sentenza, le autorità hanno avviato il processo di creazione di una Zona Vulnerabile ai Nitrati nell'area. Parallelamente, tuttavia, il TAR ha respinto l'azione legale dei gruppi ambientalisti contro il mancato rispetto da parte delle autorità della Direttiva sull'acqua potabile e della Direttiva Habitat dell'UE.
Nel maggio 2023, ClientEarth e Lipu, rappresentati dallo studio legale Ambientalex, hanno presentato due distinti appelli contro le sentenze negative del tribunale. A settembre si è tenuta l'udienza finale. In ottobre, il Consiglio di Stato ha stabilito che le autorità non abbiano rispettato la direttiva sull'acqua potabile. Questa sentenza del Consiglio di Stato ha oggi riconosciuto definitivamente la continua violazione della Direttiva Habitat da parte delle autorità.
Il contesto regionale
Negli ultimi 50 anni la produzione di nocciole è aumentata in tutta la regione Lazio. Dal 2018, il Gruppo Ferrero (noto per la produzione di cioccolato e prodotti dolciari come la Nutella) ha investito pesantemente nella regione per aumentarne la produttività, diventando il principale acquirente del prodotto nocifero laziale.
Le attività agricole intensive hanno portato ad un aumento dell'uso di fertilizzanti e pesticidi, che si riversano nel lago, incidendo sulla qualità dell'acqua e deteriorando il suo habitat. Un eccesso di sostanze nutritive nel lago può innescare un processo noto come eutrofizzazione, che porta alla crescita massiccia di alghe. Le alghe risucchiano tutto l'ossigeno dall'acqua, soffocando di fatto la vita nel lago.
Nel lago di Vico si verificano proliferazioni di alghe rosse che, oltre a sottrarre ossigeno al lago, rilasciano sostanze chimiche cancerogene e tossiche che non possono essere eliminate naturalmente. Le tossine sono dannose per l'ambiente e per la salute delle persone e, se ingerite, possono causare malattie nell'uomo.
L'acqua del lago, che normalmente serve per l'approvvigionamento di acqua potabile, è stata quindi classificata dall'amministrazione pubblica come non potabile.
Le autorità non hanno individuato una fonte alternativa di acqua potabile per gli abitanti di Ronciglione e Caprarola. I residenti continuano quindi a ricevere l'acqua nelle loro case, ma non possono consumarla direttamente.
Gli impatti ambientali e sanitari della coltivazione intensiva di nocciole non sono un caso isolato e circoscritto al lago di Vico, ma diffusi in tutta la regione. Anche il lago di Bolsena - il più grande lago vulcanico d'Europa e una popolare destinazione turistica - soffre dell'inquinamento agricolo, che ha iniziato a degradare l'ambiente e la qualità dell'acqua.
ClientEarth
ONG di avvocati e professionisti che si serve del Diritto per creare un cambiamento sistemico a difesa del Pianeta per – e con – i suoi abitanti, grazie a partnership con organizzazioni e privati cittadini in tutto il mondo. Dai nostri uffici in Europa, Asia e Stati Uniti, avvocati e professionisti si adoperano per redigere, applicare e far rispettare leggi locali e internazionali.
Lipu
Organizzazione di volontariato che si adopera per la salvaguardia della natura - in particolare degli uccelli selvatici e dei loro habitat - e la promozione della cultura ecologica. Partner italiano di BirdLife International, conta oltre 1500 volontari, decine di strutture in tutta Italia, e oltre 30.000 tra soci e donatori.
Fonte: lipu.it
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La produzione intensiva di cibo strozza gli ecosistemi acquatici europei. Dai fiumi ai laghi fino alle coste, l’eccesso di fertilizzanti chimici è un problema europeo su cui produttori e ambientalisti si scontrano.
Se in Europa è ormai da generazioni che non si parla di malnutrizione, questo è anche grazie ai fertilizzanti. Dalla Rivoluzione Verde degli anni quaranta del secolo scorso, la produzione di cibo è aumentata enormemente, e con essa l’uso di fertilizzanti sintetici. Questi apportano i nutrienti ai terreni usati per coltivare la frutta e verdura che mangiamo, ma anche per le coltivazioni necessarie ad alimentare l’industria della carne. Ma a distanza di decenni, si comincia a vederne i limiti ecologici.
I fertilizzanti chimici vengono anche chiamati NPK, riferendosi ai tre componenti chimici essenziali per la crescita di una pianta, ovvero azoto (N), fosforo (P) e potassio (K). Elementi comuni in natura, ma che vengono sintetizzati affinché le piante, che siano ortaggi o alberi da frutto, possano assorbirli rapidamente e crescere vigorose in poco tempo. In questo modo l’agricoltore può trarre maggiore produzione dalla sua terra, accelerando i cicli di coltura, e aumentando così il profitto. Ma con il tempo si è constatato che l’utilizzo eccessivo di fertilizzanti ha degli effetti negativi per l’ambiente che circonda le coltivazioni.
L’ALGA ROSSA
Il caso del Lago di Vico, nella Tuscia, è un caso emblematico in Italia. Con l’aumento della produzione di nocciole nel territorio circostante, che in gran parte vengono comprate dal Gruppo Ferrero attraverso le cooperative locali, l’agricoltura intensiva dei noccioleti ha portato a un eccesso di nutrienti nelle acque del lago, provocando la crescita di un’alga: la Planktrothrix rubescens.
«L’ossigeno è il vero, grande problema. Sotto i 18 metri di profondità non c’è più ossigeno» spiega Giuseppe Nascetti, professore ordinario di Ecologia dell'Università degli Studi della Tuscia. «I dati raccolti negli anni mostrano come, da quando si sono diffuse le coltivazioni di noccioli vicino al lago negli anni Novanta, il livello di eutrofizzazione è aumentato costantemente. E così sono apparse le fioriture dell’alga rossa».
Questa alga rilascia microcistine, che sono tossiche per la salute umana, ed essendo l’acqua del lago di Vico captata dai comuni limitrofi, creano una minaccia per i 14mila abitanti dei comuni di Caprarola e Ronciglione che, ancora oggi, non hanno accesso all’acqua potabile nelle loro case.
Azoto e fosforo sono gli elementi contenuti nei fertilizzanti che causano la proliferazione di alghe che durante la fioritura consumano grandi quantità di ossigeno. Un fenomeno simile a quanto accade nel Mar Menor, in Spagna, la laguna salata più grande d’Europa. L’alga consuma l’ossigeno presente nell’acqua e quindi ne rimane poco (ipossia) o nulla (anossia) per altri esseri viventi, causando fenomeni come la moria di pesci.
L’eutrofizzazione è un fenomeno diffuso nei laghi, fiumi, lagune e mari di tutta Europa. I fertilizzanti con i loro nutrienti hanno permesso di sfruttare al massimo i terreni europei, però si stanno rivelando un elemento di contaminazione sempre più pericoloso per gli equilibri ecologici, nonché per la salute umana.
I fertilizzanti sintetici sono ancora poco efficienti nel raggiungere esclusivamente frutta e verdura su cui vengono applicati: soprattutto l’azoto sintetico, che è molto solubile, di cui solo il 59 per cento viene assorbito dalla pianta. Il resto si disperde nell’ambiente, sciacquato dalla pioggia e durante l’irrigazione, raggiunge falde acquifere, fiumi, laghi e lagune, dove questi nutrienti si accumulano con il tempo. L’Ue punta a una riduzione del 30 per cento della contaminazione entro il 2030, ma l’industria dei fertilizzanti sintetici sostiene che non sia un obiettivo realistico.
La laguna del Mar Menor si è tinta di verde molte volte negli ultimi due decenni, causando moria di pesci e causando un forte dibattito nazionale sull’impatto dell’agricoltura intensiva. Gli ultimi dati rilevati dal Csic (Centro superiore di investigazione scientifica) mostrano un miglioramento sullo status dei nutrienti presenti nel Mar Menor rispetto al 2019, un anno particolarmente critico, ma ancora con livelli troppo alti per pensare a un recupero della laguna.
«Se i nutrienti che entrano nel Mar Menor fossero sotto una certa soglia, l’ecosistema non avrebbe problemi ad assorbirli» dice Julio Mas, biologo ed ex direttore del Centro Oceanografico di Murcia. «Così è stato per molto tempo con l’agricoltura tradizionale. Il problema nasce quando si passa a un tipo di agricoltura intensiva, che comporta un ampio uso di fertilizzanti sintetici».
L’UNIONE EUROPEA
I casi di eutrofizzazione del lago di Vico e del Mar Menor non sono un’eccezione nell’Unione europea. Il 53 per cento dei laghi europei registra livelli di eutrofizzazione elevati, e le principali cause antropogeniche sono l’agricoltura e gli scarichi urbani. Fin dagli anni Novanta l’Unione europea ha cercato di ridurre l’apporto di nutrienti attraverso politiche e quadri normativi.
In Europa circa il 70 per cento dei terreni agricoli registra un uso eccessivo di nutrienti. Il settore agricolo rimane quindi la prima fonte di inquinamento da nutrienti, provocato dall’uso di fertilizzanti e dal letame prodotto dagli allevamenti intensivi.
A trent’anni dall’adozione della Direttiva Europea sui Nitrati la situazione non ha visto miglioramenti sostanziali e le stazioni di controllo delle acque sotterranee europee registrano livelli di concentrazione di nutrienti stabilmente alti. La direttiva Nitrati risale al 1991 e richiede agli stati membri di sviluppare politiche per ridurre le emissioni di fosforo provenienti dalle attività agricole, e di monitorare i livelli di concentrazione nelle acque.
Il fallimento nel far rispettare la direttiva Nitrati da parte degli stati, è alla radice del proliferare delle alghe nelle acque europee, del processo di eutrofizzazione e le sue conseguenze sugli ecosistemi e la salute, essendo i nutrienti la principale causa del problema.
AGRICOLTURA BIOLOGICA
Un’alternativa ai fertilizzanti sintetici ci sarebbe, e limiterebbe l’eccesso di nutrienti rilasciato nell’ambiente: l’agricoltura biologica. Un obiettivo dell’European Green Deal è che il 25 per cento della produzione agricola totale sia fatto rispettando gli standard dell’agricoltura biologica entro il 2030.
«Nell’agricoltura biologica non si può usare azoto sintetico, e questo limiterebbe molto la contaminazione dell’ambiente» dice Maria Zintl dell’Organic Farming Association, associazione ombrello degli agricoltori biologici europei con sede a Bruxelles. «Siamo ancora lontani dall’obiettivo se si pensa che attualmente la media europea è dell’8,5 per cento di agricoltura biologica totale». La Germania è al 13 per cento rispetto al totale prodotto, l’Italia al 15,5 per cento, la Spagna all’11 per cento, l’Austria è quella più avanzata con il 25,3 per cento.
Per Devlin Kuyek, ricercatore dell’ong Grain, l’obiettivo del 25 per cento non è sufficientemente ambizioso: «Dobbiamo ridurre drasticamente l’emissione di gas serra. La produzione di azoto contribuisce in maniera significativa all’inquinamento globale» dice Kuyek. «Inoltre, i terreni europei sono già saturi di fertilizzanti dopo decenni di agricoltura intensiva, per questo le aziende europee si stanno concentrando di più sulla produzione in altri continenti come Africa, Asia e America Latina».
OLTRE I LIMITI
A livello mondiale l’eccedenza di azoto e fosforo dispersi nell’ambiente ha già superato i limiti di sicurezza, e l’Europa contribuisce in modo significativo a questo tipo di contaminazione. L’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) stima che il limite relativo alle perdite di azoto e fosforo nell’ambiente sia superato rispettivamente di 3,3 e 2 volte rispetto a quello che l’ambiente può tollerare.
Attraverso le recenti strategie sulla Biodiversità e Farm to Fork, due pilastri del Green Deal Europeo, la Commissione ha riconosciuto la necessità di produrre cibo in maniera più sostenibile, proponendosi di ridurre la perdita di azoto di almeno il 50 per cento e l’uso di fertilizzanti di almeno il 20 per cento entro il 2030.
L’associazione Fertilizer Europe, che raggruppa i principali produttori di fertilizzanti europei a Bruxelles, tra cui multinazionali come Yara e Basf, è stata fortemente contraria agli obiettivi di riduzione dell’uso dei fertilizzanti proposta nella nuova strategia.
In una dichiarazione del 2022 Fertilizer Europe sosteneva che «una riduzione del 20 per cento dei nutrienti porterà a una riduzione delle forniture di cibo, un aumento della dipendenza dall’estero e un aumento dei prezzi del cibo», stime basate su uno studio svolto da Wageningen University & Research.
Lo studio risulta però essere stato commissionato – e finanziato – da diversi gruppi di lobby dell’agro-industria, inclusa la stessa Fertilizer Europe. Nello stesso anno le principali aziende mondiali di fertilizzanti aumentarono i prezzi, registrando un aumento di profitti significativo, passando da una media di 14 miliardi a 49 miliardi di dollari in profitti.
Oggi anche l’associazione supporta l’obiettivo ambizioso Ue di un uso più efficiente dei nutrienti, diminuendo la quantità usata puntando sull’uso di tecnologie per agricoltura di precisione, che, secondo Fertilizer Europe, consentirebbero una minore contaminazione dell’ambiente.
Questo articolo è stato realizzato con il supporto di JournalismFund.
Fonte: www.editorialedomani.it
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Ci troviamo a pochi passi dal lago di Santa Maria, all'interno dell'area protetta, e nel parcheggio dell'Area Verde aleggia ancora il fumo dell'asfalto.
Una seria politica del territorio dovrebbe sviluppare soluzioni di qualità , che concili il sostegno alle attività economiche, la tutela del paesaggio e della biodiversità.
Asfaltare è invece un gesto miope e violento, che guarda all'oggi dimenticando il passato ed ignorando dolosamente il domani.
Il suolo va protetto, non asfaltato!
22.04.2024
Comitato Difesa Laghi.
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GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA: FAVORIRE IL FLUIRE NATURALE DELL’ACQUA NEI FIUMI E NELLE FALDE.
Il valore dell’acqua lo avremo realmente compreso solo quando nelle nostre attività umane, dal più semplice vivere quotidiano nelle nostre abitazioni alle attività più propriamente produttive (industriali e agricole), ci porremo la domanda: quello, che sto svolgendo che conseguenze avrà sul ciclo dell’acqua del mio territorio? Nei laghi di Revine, per esempio, le amministrazioni locali, per cercare di rispondere a questa domanda e agire responsabilmente di conseguenza, avrebbero dovuto vietare nelle coltivazioni circostanti i laghi l’uso di fertilizzanti contenenti azoto e fosforo visto e considerato che tali sostanze contribuiscono all’inquinamento chimico dell’acqua e favoriscono il fenomeno dell'eutrofizzazione e la conseguente scarsa ossigenazione dell’acqua.
Se poi tali amministrazioni avessero letto i recenti rapporti Arpav sulla qualità delle acque di superficie e sotterranee avrebbero scoperto come nei pesticidi usati nelle coltivazioni circostanti ci sia la presenza di PFAS che finiscono inevitabilmente per inquinare l’acqua dei laghi e delle falde.
Non si può quindi celebrare la giornata mondiale dell’acqua senza assumere precisi impegni per non inquinare l’acqua e non alterarne il suo “ciclo vitale sano”: un percorso autocritico di consapevolezza imperniato su due punti fondamentali circa il suo valore di “bene comune”.
Il primo: su come stiamo alterando, con i ripetuti interventi di privatizzazione, le modalità di approvvigionamento, distribuzione e commercializzazione di
un bene comune. Il secondo: su come mantenere, conservare, immagazzinare tale bene comune, alterando il meno possibile la circolarità del ciclo dell’acqua, in funzione delle necessità umane e produttive e tenendo conto dei frequenti periodi di siccità a cui stiamo andando incontro. Abbiamo cioè bisogno che l’acqua scenda sotto forma di precipitazioni e che possa scorrere nei corsi d’acqua che l’evoluzione geologica ha creato nel tempo per poi finire nel mare alimentando nel suo percorso le falde. Perché questo si possa realizzare bisogna negare l’autorizzazione all’escavazione nell’alveo dei fiumi e nelle cave, un’attività finalizzata proprio alla produzione e al consumo di quel cemento che, in un’economia circolare al contrario, impermeabilizza il suolo e vanifica la sua capacità di assorbire l’acqua meteorica, oltre a provocare subsidenza e l’abbassamento della falda. Bisogna rivedere tutta la “filiera distributiva dell’acqua” a partire dalla scelta in agricoltura di colture meno bisognose di acqua (canapa e grano, per esempio, ne necessitano meno del mais destinato all’alimentazione animale), dalla riduzione degli allevamenti intensivi che necessitano di molta acqua, dal divieto ad utilizzare l’acqua dei torrenti per sparare neve finta (per 1 ettaro di pista con uno strato di neve di 30 cm. servono 1000 metri cubi di acqua), dalla possibilità di utilizzare l’acqua reflua per l’irrigazione, dal diniego a nuovi impianti di idroelettrico minore su torrenti e fiumi che riducono il “deflusso ecologico”, dal recupero dell’acqua piovana dal
tetto degli edifici pubblici e privati, dalla emanazione di una serie di restrizioni e regole nell’utilizzo dell’acqua nelle strutture pubbliche e private.
Cos’altro si può fare?
La prima “misura ecosistemica” da adottare per alimentare le falde acquifere è l’arresto del consumo di suolo. Secondo l’Ispra “le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde.” C’è poi la “rete idrica nazionale colabrodo” (secondo dati ISTAT del 2018 si perde il 42% dell'acqua immessa in rete: 156 litri al giorno per abitante), una “infrastruttura dimenticata” dalla mitizzazione della cantierizzazione permanente del paese dove si sprecano decine di miliardi per ponti avveniristici, superstrade e grandi opere. Ed infine, come scrive Gilberto N.Baldaccini nel suo libro “La fabbrica della siccità”, dobbiamo finirla di restringere e
scavare l’alveo dei fiumi e di proporre invasi e bacini di laminazione: così facendo stiamo creando le condizioni per la siccità. L’escavazione dell’alveo dei fiumi favorisce lo scorrimento più veloce dell’acqua dei fiumi che finisce per approfondire il letto dei fiumi e provocare l’abbassamento della falda, mentre i bacini di laminazione interrompono il deflusso ecologico dei corsi d’acqua e il loro apporto alla vita degli ecosistemi attraversati.
E’ la falda che costituisce il migliore luogo per lo stoccaggio e la conservazione dell’acqua anche nei periodi senza precipitazioni. Così come dobbiamo restituire al letto dei fiumi quelle superfici golenali adatte per gestire esondazioni controllate delle piene alluvionali.
Una domanda: perché gli espropri si fanno senza batter ciglio per infrastrutture che impermeabilizzano il suolo e alterano il ciclo naturale dell’acqua nel suo percorso verso le falde e non si fanno per trasferire attività e insediamenti sciaguratamente autorizzati nelle aree golenali?
Nella giornata mondiale dell’acqua in un futuro che ci proporrà piene alluvionali aggressive alternate a periodi di siccità ricordiamoci come i fiumi nella loro
esondazione naturale caricano la falda anche in assenza di piogge.
Schiavon Dante
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Ripristinare gli ecosistemi in vetta preserva le pianure e i servizi ecosistemici.
Con l'approvazione della Nature Restoration Law torna la speranza: l'obbiettivo della legge è quello di ripristinare il 20 per cento delle aree terrestri e marine dell'Unione Europea entro il 2030 e tutti gli ecosistemi in un pessimo stato di conservazione entro il 2050. Tra questi vi sono anche gli ambienti propri degli ecosistemi montani, spesso dimenticati ma che forniscono importanti servizi ecosistemici in tutto il mondo.
La Nature Restoration Law è stata approvata dal Parlamento Europeo mercoledì 27 febbraio tra gli applausi di chi ci ha creduto davvero fino all’ultimo (abbiamo approfondito la notizia in questo articolo). Questa legge sancisce un impegno condiviso a livello europeo nel procedere verso azioni concrete finalizzate al ripristino degli ecosistemi naturali, che porterà importanti benefici anche al settore agricolo e alla salute delle persone. In Europa, infatti, l’attuale percentuale di habitat in cattive condizioni supera l’80%, e tra questi vi sono anche quelli montani.
Le montagne ricoprono quasi un quarto delle terre emerse e ospitano una straordinaria varietà di ecosistemi che supportano la nostra vita fornendo diversi benefici, definiti servizi ecosistemici, a più di 1.1 miliardi di persone in tutto il mondo. Basti pensare che metà dell’umanità ha accesso a fonti di acqua potabile grazie alle montagne (nasce da qui il soprannome di water towers, tradotto letteralmente “torri d’acqua”, a esse attribuito). Gli ecosistemi montani sono in grado di ridurre il rischio di erosione del suolo, favorire l’approvvigionamento idrico, provvedere allo stoccaggio del carbonio e abbassare le temperature nelle aree circostanti. Foreste, torbiere e praterie alpine sono inoltre contesti fondamentali per la biodiversità, caratterizzati da una ricca varietà di specie, spesso altamente specializzate per la vita d’alta quota. Al fine di fermare, prevenire e invertire l’attuale stato di degradazione degli ecosistemi montani, e per promuovere dei progetti di ripristino così da rispettare gli obbiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, i partner di United Nations Decade on Ecosystem Restoration hanno sviluppato dieci principi cardine da seguire per attuare progetti di ripristino ambientale in tutto il mondo. Tuttavia, la strada per la riqualificazione degli ecosistemi montani non è priva di dislivelli.
Le torbiere, assieme a laghi, paludi e acquitrini, costituiscono le cosiddette zone umide, le quali nel ventesimo secolo hanno subito un drammatico declino globale stimato tra il 64 e il 71 per cento. Purtroppo, il ruolo e l’importanza di queste aree viene spesso marginalizzato, eppure le torbiere ospitano una ricca biodiversità e forniscono importanti servizi ecosistemici quali la depurazione dell’acqua, la riduzione del rischio di inondazioni e lo stoccaggio del carbonio (hanno una capacità di trattenere il carbonio di gran lunga superiore alle foreste). Questi ecosistemi sono estremamente fragili e sono stati ridotti dalla deforestazione, danneggiati dalla siccità, e degradati dal pascolo e dall’eccessivo interramento. Lo sfruttamento eccessivo delle zone adibite al pascolo è infatti comune in diverse zone montane, e ha un effetto sulla riduzione della biodiversità e scomparsa di alcune specie vegetali, erosione del suolo e perdita di vantaggi socioeconomici ed ecologici. Queste trasformazioni a livello ecologico hanno un impatto profondo e duraturo sulla produttività dell’agricoltura di montagna (in negativo), sulla capacità dell’ambiente di resistere agli eventi climatici estremi e sull’estetica del paesaggio.
La deforestazione e lo sfruttamento insostenibile delle foreste sono le principali cause di minaccia per questi habitat in tutto il mondo. Si parla di deforestazione quando le foreste vengono rimpiazzate da campi agricoli, centri urbani o strade, mentre con degradazione delle foreste si intende la riduzione o totale perdita della capacità di fornire importanti servizi ecosistemici, sia alla natura che alle persone. In Europa si stima che più di 3.7 milioni di ettari di foreste siano state danneggiate dalle attività umane, dal pascolo intensivo, da insetti come il bostrico e incendi dolosi. Parlando di degrado degli ambenti montani è impossibile non citare le infrastrutture abbandonate, quali alberghi, strade, impianti sciistici e infrastrutture olimpiche (qui potete trovare diverse foto da tutto il mondo delle decadenti strutture costruite per diverse Olimpiadi).
Grammenos Mastrojeni - segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo - alla COP28 di Dubai ricordava in un’intervista l’estrema importanza degli ecosistemi di montagna, tra i più minacciati dalla crisi climatica, che mette a rischio anche molte delle funzioni (non sostituibili!) che essi svolgono, come la regolazione di un ordinato flusso d’acqua anche durante la stagione secca attraverso i ghiacciai. Non è possibile separare il fondovalle dalle cime delle montagne, ed è quindi fondamentale ripristinare anche gli ambienti degradati che portano o si trovano alla base delle montagne, come i fiumi e i torrenti, per favorire la connettività ecologica e migliorare anche tutti quei servizi ecosistemici ad essi collegati come la riduzione del rischio di alluvioni.
Il ripristino di tutti gli elementi naturali che costituiscono le aree montane deve essere inserito con urgenza all’interno dei piani di ripristino nazionale degli Stati Membri dell’Unione Europea, soprattutto in un’ottica socio-ecologica che guarda verso il futuro. Ripristinare gli ambienti di torbiera è imprescindibile per mitigare gli impatti della crisi climatica e il miglioramento dei servizi ecosistemici ad essi collegati. Si dovrebbe ripensare anche all’attuale modalità di gestione del pascolo e delle foreste in diverse aree, così da non compromettere questi preziosi habitat e migliorare la loro capacità nel contrastare gli effetti dei disastri ambientali, e ripristinare un accettabile livello di funzionalità ecologica dove questi ambienti sono stati degradati da un utilizzo insostenibile. Riportare gli ecosistemi alla loro naturale ‘funzionalità’ è anche premiante da un punto di vista economico: i benefici sul lungo termine superano enormemente i costi (spesso relativamente modesti) necessari per le azioni di restoration.
Il ripristino degli ambienti degradati non può in alcun modo compensare o sostituire la conservazione dei valori ecologici ancora presenti. Il principio base da seguire rimane quindi quello della tutela delle zone naturali non ancora degradate o distrutte, ed è quindi necessario aumentare l’attuale superficie sottoposta a forme di tutela in grado di evitare nuovi impatti. Questo concetto, così terribilmente banale nella sua semplicità, purtroppo non sembra essere chiaro a tutti, e ci si ostina a voler costruire infrastrutture che sappiamo già essere destinate all’abbandono, laddove si poteva scegliere di riutilizzare vecchie strutture, anziché optare per l’abbattimento di un lariceto.
Fonte: www.ildolomiti.it
10.03.2024
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Una nuova analisi mostra che il ciclo globale dell’acqua dolce si è spostato ben oltre le condizioni preindustriali.
Il nuovo studio “Notable shifts beyond pre-industrial streamflow and soil moisture conditions transgress the planetary boundary for freshwater change” pubblicato su Nature Water da un team internazionale di ricercatori guidato da Miina Porkka e Vili Virkki dell’Aalto Yliopisto, analizza le risorse di acqua dolce in tutto il mondo e dimostra che l’attività antropica ha portato la variazione nel ciclo dell’acqua dolce del pianeta ben al di fuori del suo equilibrio preindustriale.
All’università finlandese di Aalto evidenziano che «Lo studio mostra che il limite planetario aggiornato per il cambiamento dell’acqua dolce è stato superato entro la metà del XX secolo. In altre parole, nell’ultimo secolo, gli esseri umani hanno spinto il sistema di acqua dolce della Terra ben oltre le condizioni stabili prevalenti prima dell’industrializzazione».
Si tratta della prima volta che il cambiamento globale del ciclo dell’acqua viene valutato su un arco di tempo così lungo con un riferimento appropriato e i risultati dimostrano che «Le pressioni umane, come la costruzione di dighe, l’irrigazione su larga scala e il riscaldamento globale, hanno alterato le risorse di acqua dolce a tal punto che la loro capacità di regolare processi ecologici e climatici vitali è a rischio».
Utilizzando dati provenienti da modelli idrologici che combinano tutti i principali impatti umani sul ciclo dell’acqua dolce, Il team di ricerca internazionale ha calcolato il flusso mensile dell’acqua e l’umidità del suolo con una risoluzione spaziale di circa 50×50 chilometri. Come riferimento, gli scienziati hanno determinato le condizioni durante il periodo preindustriale (1661-1860) e poi le hanno confrontate con quelle del periodo industriale (1861-2005), rivelando «Un aumento nella frequenza di condizioni eccezionalmente secche o umide – deviazioni nella portata idrica e e nell’umidità del suolo. Dall’inizio del XX secolo si sono verificate costantemente deviazioni secche e umide su aree sostanzialmente più grandi rispetto al periodo preindustriale. Nel complesso, la superficie terrestre globale che ha subito deviazioni è quasi raddoppiata rispetto alle condizioni preindustriali».
Virkki evidenzia che «Abbiamo scoperto che le condizioni eccezionali sono ora molto più frequenti e diffuse rispetto a prima, dimostrando chiaramente come le azioni umane abbiano cambiato lo stato del ciclo globale dell’acqua dolce».
Dato che l’analisi è stata eseguita con un’elevata risoluzione spaziale e temporale, i ricercatori hanno potuto esplorare le differenze geografiche nelle deviazioni e dicono che «Le condizioni di portate e di umidità del suolo eccezionalmente secche sono diventate più frequenti in molte regioni tropicali e subtropicali, mentre molte regioni boreali e temperate hanno visto un aumento delle condizioni eccezionalmente umide, soprattutto in termini di umidità del suolo. Questi modelli corrispondono ai cambiamenti osservati nella disponibilità di acqua dovuti ai cambiamenti climatici».
Ma c’erano modelli più complessi in molte regioni con una lunga storia di utilizzo del territorio industriale e agricolo a da parte dell’uomo. Ad esempio, i bacini fluviali del Nilo, dell’Indo e del Mississippi hanno sperimentato condizioni di portata idrica e umidità del suolo eccezionalmente secchi e umidi indicando cambiamenti causati dall’irrigazione.
La Pokka spiega a sua volta che «L’utilizzo di un metodo coerente e comparabile tra variabili idrologiche e scale geografiche è fondamentale per comprendere i processi biofisici e le azioni umane che guidano i cambiamenti che stiamo vedendo nell’acqua dolce».
Con questa visuale completa dei cambiamenti nella portata dei corsi d’acqua e nell’umidità del suolo, i ricercatori sono meglio attrezzati per indagare le cause e le conseguenze dei cambiamenti nel ciclo dell’acqua dolce.
L’autore senior dello studio, Matti Kummu dell’università di Aalto, conclude: «Comprendere queste dinamiche in maggior dettaglio potrebbe aiutare a orientare le politiche per mitigare i danni che ne derivano, ma la nostra priorità immediata dovrebbe essere quella di diminuire le pressioni esercitate dall’uomo sui sistemi di acqua dolce, che sono vitali per la vita sulla Terra».
06.03.2024
Fonte: Greenreport.it
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Silurus glanis, conosciuto volgarmente come siluro o siluro d'Europa o anche pesce siluro, è un pesce d'acqua dolce europeo, appartenente alla famiglia dei Siluridae.
In Italia è stato introdotto da circa mezzo secolo e si è molto diffuso soprattutto nei bacini del Po e i suoi affluenti come il Ticino e Adda. È stato introdotto nei fiumi Volturno, Arno e Tevere. Da qualche anno lo si ritrova anche nei grandi laghi del nord Italia, come lago Maggiore, lago di Varese e lago di Garda. Il suo habitat ideale è costituito da grandi fiumi (zona dell'Abramis brama), ma anche paludi, stagni, laghi, lanche, bracci morti e canali di bonifica. Si avvicina saltuariamente al mare, in prossimità delle foci dei grandi fiumi, ma non è ancora chiaro quanto possa spingersi all'interno di ambienti caratterizzati da acque salmastre. È una specie bentonica che quindi abita le zone più profonde, senza però disdegnare acque decisamente più basse, soprattutto durante la caccia. Ama nascondersi tra rami e fanghiglia, riposando durante la maggior parte della giornata. Col giungere delle tenebre inizia a nutrirsi, portandosi spesso nelle zone d'acqua più vicine alla superficie.
Alimentazione
Il pesce siluro è tra i maggiori predatori delle acque interne e si nutre di pesci vivi e morti, vermi, larve e quant'altro possa trovare sul fondo. Nello specifico, durante la fase giovanile la sua alimentazione è composta da invertebrati di fondale, mentre nella fase adulta si alimenta di pesci quali anguille e ciprinidi (barbo, scardola, carpa e carassio). In certi casi quando il siluro è a caccia risale dal fondo per vedere se c'è pesce nelle vicinanze e spesso è attirato da animali in movimento (esca efficace: un verme agganciato all'amo e un pezzo di carne "possibilmente sanguinante"). La quantità di pesce di cui si nutre giornalmente è pari al 1,99% del peso corporeo, difatti un esemplare di 10 kg di peso si nutre di 72,8 kg di pesce all'anno, ovvero 1,45 kg a settimana. La sua arma principale sono i barbigli, che gli consentono di individuare la preda al buio e in presenza di torbidità elevata. A dimostrazione di questo, numerosi sono i pescatori che sottolineano l'elevato numero di catture realizzate quando i fiumi risultano essere in piena.
Molte leggende ruotano intorno all'aggressività e voracità del pesce siluro verso l'uomo. Tra le tante, alcune lo vogliono assalitore di cani, bestiame, bambini e sommozzatori. Scientificamente è documentato un comportamento aggressivo durante il periodo riproduttivo e in condizioni di particolare stress. Il siluro è un predatore particolarmente versatile che nella fase adulta sa adattare le strategie di caccia al tipo di prede più facilmente disponibili nell'ambiente in cui vive, siano essi pesci, piccoli mammiferi, anatidi o uccelli [3]. Diversi studi scientifici hanno evidenziato come una percentuale significativa nella dieta degli esemplari più grossi sia basata su piccoli mammiferi ed uccelli acquatici ed ipotizzato per questo un impatto ecologico negativo anche sull'avifauna palustre.
Fonte: Wikipedia.org
(Foto di un pescatore della zona)
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Laghi di Revine Lago: qualcosa finalmente si muove.
Dopo l'ennesima segnalazione del Comitato Difesa Laghi, finalmente oggi 21 febbraio '24, un gruppo di Carabinieri Forestali è intervenuto per avviare la rimozione di alcune barche affondate e scaricate nel lago dalle quali probabilmente si era generato l'inquinamento da polistirolo che si sta riversando sulle rive da giorni. I volontari del Comitato si chiedono come sia possibile che un habitat così unico e prezioso come quello dei laghi possa essere adibito a discarica abusiva o come territorio da saccheggiare a scopo turistico pseudo-sportivo. I due laghi sono a tutti gli effetti una Zona protetta dalla Direttiva europea. Il Comitato fa appello alla Regione affinché intervenga d'urgenza per il rispetto della norme di tutela, per l'adozione di un Regolamento sulla gestione delle imbarcazioni, oggi inesistente, e per la istituzione di un Parco Naturale regionale che ponga fine all'attuale degrado e ai progetti speculativi misteriosamente scomparsi dagli uffici pubblici dopo essere stati annunciati sulla stampa.
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Segnalazione di uno scarico sul Lago di Lago
Foto scattate in data 04.02.2024 ore 14.00
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Oggi sabato 3 febbraio, per tutta la mattinata un gruppo di cittadini ha avviato la ripulitura delle sponde del Lago inquinato da polistirolo.
Il polistirolo ha cominciato ad affiorare alcuni giorni fa lungo il bagnasciuga del Lago di Lago in grosse quantità di palline.
Le Amministrazioni comunali di Revine Lago e Tarzo ancora una volta sono risultate assenti nonostante sia loro preciso compito vigilare e tutelare gli habitat.
Presente una pattuglia dei Carabinieri Forestali che ha effettuato un sopraluogo facendo intendere che le indagini sullo scarico abusivo arriveranno alla causa nei prossimi giorni.
La risposta all'invito del Comitato Difesa Laghi è stata una grande dimostrazione di senso civico ed ecologico in difesa di un bene comune da parte di Cittadini attivi e ben consapevoli della gravità delle condizioni ambientali dell'area e dei progetti che li minacciano.
La conservazione e la protezioni degli habitat sono obiettivi di fondamentale importanza per il futuro della Vallata e dei suoi abitanti.
Un intervento della Regione Veneto, data anche la appartenenza dei Laghi alla Zona Unesco è sempre più urgente e necessaria.
Volontari all'opera per la ripulitura dal polistirolo
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