Nelle aree parco, spesso ci sembra di percepire che siano più le limitazioni che non i benefici.
Sui classici cartelli informativi, che possiamo trovare ai limiti del parco o nelle pro-loco è facile vedere elenchi come segue:
- divieto accendere fuochi;
- divieto di campeggio;
- divieto di introduzioni di cani;
- divieto di asportazione di specie vegetali;
- divieto di asportazione di minerali;
- divieto di asportazione della legna dal sottobosco;
- divieto di asportazione e uccisione di insetti:
- divieto di schiamazzi e apparecchi musicali;
- divieto di lasciare rifiuti;
- divieto di uscire dalla rete dei sentieri prestabiliti...
Come cittadini, di fronte a tutte queste limitazioni, ci sembra di vivere una vera e propria vessazione indiscriminata. Ci si chiede di fronte a tali divieti quale possa essere il vantaggio per la comunità. Viene spesso contestato che, se non è possibile visitare alcune aree del parco (ovvero se l'uomo stesso non può farne uso), per quale ragione dovremmo proteggerle e rispettale?
Dobbiamo ricordare che l'esistenza delle aree parco è frutto di una lunga storia, spesso fatta del continuo e depredante sfruttamento del territorio da parte dell'uomo.
Un primo sforzo, per comprendere realmente il senso dell'esistenza delle aree parco, deve partire dalla necessità di togliere l'uomo dalla sua tolemaica centralità per riportarlo all'interno del sistema dei meccanismi ecologici nel quale non può fare a meno di vivere.
A prescindere dall'impianto filosofico, politico e sociale che può giustificare l'esistenza dei parchi è facile convincersi dell'importanza di rispettare i parchi prendendo in considerazione essenzialmente i motivi pratici che sono alla base della loro creazione:
1) Difendere la natura per difendere l'ecosistema dal quale dipendiamo;
2) Conservazione dei biotipi legati al territorio;
3) Mantenimento della varietà e diversificazione genetica intraspecifica dei viventi:
a) Protezione degli animali dal bracconaggio (quadrupedi, volatili o striscianti che siano...);
b) Protezione delle specie botaniche protette, rare o via d'estinzione.
4) Protezione delle specie animali più schive e creazione di un ambiente poco antropizzato nel quale consentire di mantenere il carattere “selvatico” della specie;
5) Controllo dell'erosione dei terreni;
6) Protezione dell'integrità dei corsi corsi d'acqua e dei bacini idrografici:
a) Protezione della qualità, della naturalezza e pulizia delle acque superficiali.
b) Preservare le falde acquifere (posizione e qualità dell'acqua).
7) Conservazione del valore paesaggistico e panoramico delle aree naturali;
8) Sostenibilità dello sviluppo (lascio alle generazioni future il mondo così come l'ho trovato).
Non si può assumere che l'escursionista sia inoffensivo per l'ambiente naturale dei parchi, non si può neppure assumere che il danno di pochi escursionisti sia poca cosa rispetto ad altri danni provocati dall'uomo.
Dobbiamo presumere, come lo ha dimostrato concretamente il passato, che la civiltà tende a svilupparsi creando dei sottoprodotti di scarto potenzialmente distruttivi per la natura. Autorizzare l'apertura di un sentiero significa dare alle acque di scolo una via preferenziale di fuga che spesso può provocare sia danni ad intere porzioni di crinale montuoso, sia lasciare segni paesaggistici non proprio piacevoli.
Per questi motivi sento di poter difendere, in qualche misura la wilderness dei parchi che a ben pensarci rimane sempre e comunque assai scarsa...
Scritto da Giorgio Carrozzini
Foto: area Rete Natura 2000 / Laghi di Revine