Ripristinare gli ecosistemi in vetta preserva le pianure e i servizi ecosistemici.
Con l'approvazione della Nature Restoration Law torna la speranza: l'obbiettivo della legge è quello di ripristinare il 20 per cento delle aree terrestri e marine dell'Unione Europea entro il 2030 e tutti gli ecosistemi in un pessimo stato di conservazione entro il 2050. Tra questi vi sono anche gli ambienti propri degli ecosistemi montani, spesso dimenticati ma che forniscono importanti servizi ecosistemici in tutto il mondo.
La Nature Restoration Law è stata approvata dal Parlamento Europeo mercoledì 27 febbraio tra gli applausi di chi ci ha creduto davvero fino all’ultimo (abbiamo approfondito la notizia in questo articolo). Questa legge sancisce un impegno condiviso a livello europeo nel procedere verso azioni concrete finalizzate al ripristino degli ecosistemi naturali, che porterà importanti benefici anche al settore agricolo e alla salute delle persone. In Europa, infatti, l’attuale percentuale di habitat in cattive condizioni supera l’80%, e tra questi vi sono anche quelli montani.
Le montagne ricoprono quasi un quarto delle terre emerse e ospitano una straordinaria varietà di ecosistemi che supportano la nostra vita fornendo diversi benefici, definiti servizi ecosistemici, a più di 1.1 miliardi di persone in tutto il mondo. Basti pensare che metà dell’umanità ha accesso a fonti di acqua potabile grazie alle montagne (nasce da qui il soprannome di water towers, tradotto letteralmente “torri d’acqua”, a esse attribuito). Gli ecosistemi montani sono in grado di ridurre il rischio di erosione del suolo, favorire l’approvvigionamento idrico, provvedere allo stoccaggio del carbonio e abbassare le temperature nelle aree circostanti. Foreste, torbiere e praterie alpine sono inoltre contesti fondamentali per la biodiversità, caratterizzati da una ricca varietà di specie, spesso altamente specializzate per la vita d’alta quota. Al fine di fermare, prevenire e invertire l’attuale stato di degradazione degli ecosistemi montani, e per promuovere dei progetti di ripristino così da rispettare gli obbiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, i partner di United Nations Decade on Ecosystem Restoration hanno sviluppato dieci principi cardine da seguire per attuare progetti di ripristino ambientale in tutto il mondo. Tuttavia, la strada per la riqualificazione degli ecosistemi montani non è priva di dislivelli.
Le torbiere, assieme a laghi, paludi e acquitrini, costituiscono le cosiddette zone umide, le quali nel ventesimo secolo hanno subito un drammatico declino globale stimato tra il 64 e il 71 per cento. Purtroppo, il ruolo e l’importanza di queste aree viene spesso marginalizzato, eppure le torbiere ospitano una ricca biodiversità e forniscono importanti servizi ecosistemici quali la depurazione dell’acqua, la riduzione del rischio di inondazioni e lo stoccaggio del carbonio (hanno una capacità di trattenere il carbonio di gran lunga superiore alle foreste). Questi ecosistemi sono estremamente fragili e sono stati ridotti dalla deforestazione, danneggiati dalla siccità, e degradati dal pascolo e dall’eccessivo interramento. Lo sfruttamento eccessivo delle zone adibite al pascolo è infatti comune in diverse zone montane, e ha un effetto sulla riduzione della biodiversità e scomparsa di alcune specie vegetali, erosione del suolo e perdita di vantaggi socioeconomici ed ecologici. Queste trasformazioni a livello ecologico hanno un impatto profondo e duraturo sulla produttività dell’agricoltura di montagna (in negativo), sulla capacità dell’ambiente di resistere agli eventi climatici estremi e sull’estetica del paesaggio.
La deforestazione e lo sfruttamento insostenibile delle foreste sono le principali cause di minaccia per questi habitat in tutto il mondo. Si parla di deforestazione quando le foreste vengono rimpiazzate da campi agricoli, centri urbani o strade, mentre con degradazione delle foreste si intende la riduzione o totale perdita della capacità di fornire importanti servizi ecosistemici, sia alla natura che alle persone. In Europa si stima che più di 3.7 milioni di ettari di foreste siano state danneggiate dalle attività umane, dal pascolo intensivo, da insetti come il bostrico e incendi dolosi. Parlando di degrado degli ambenti montani è impossibile non citare le infrastrutture abbandonate, quali alberghi, strade, impianti sciistici e infrastrutture olimpiche (qui potete trovare diverse foto da tutto il mondo delle decadenti strutture costruite per diverse Olimpiadi).
Grammenos Mastrojeni - segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo - alla COP28 di Dubai ricordava in un’intervista l’estrema importanza degli ecosistemi di montagna, tra i più minacciati dalla crisi climatica, che mette a rischio anche molte delle funzioni (non sostituibili!) che essi svolgono, come la regolazione di un ordinato flusso d’acqua anche durante la stagione secca attraverso i ghiacciai. Non è possibile separare il fondovalle dalle cime delle montagne, ed è quindi fondamentale ripristinare anche gli ambienti degradati che portano o si trovano alla base delle montagne, come i fiumi e i torrenti, per favorire la connettività ecologica e migliorare anche tutti quei servizi ecosistemici ad essi collegati come la riduzione del rischio di alluvioni.
Il ripristino di tutti gli elementi naturali che costituiscono le aree montane deve essere inserito con urgenza all’interno dei piani di ripristino nazionale degli Stati Membri dell’Unione Europea, soprattutto in un’ottica socio-ecologica che guarda verso il futuro. Ripristinare gli ambienti di torbiera è imprescindibile per mitigare gli impatti della crisi climatica e il miglioramento dei servizi ecosistemici ad essi collegati. Si dovrebbe ripensare anche all’attuale modalità di gestione del pascolo e delle foreste in diverse aree, così da non compromettere questi preziosi habitat e migliorare la loro capacità nel contrastare gli effetti dei disastri ambientali, e ripristinare un accettabile livello di funzionalità ecologica dove questi ambienti sono stati degradati da un utilizzo insostenibile. Riportare gli ecosistemi alla loro naturale ‘funzionalità’ è anche premiante da un punto di vista economico: i benefici sul lungo termine superano enormemente i costi (spesso relativamente modesti) necessari per le azioni di restoration.
Il ripristino degli ambienti degradati non può in alcun modo compensare o sostituire la conservazione dei valori ecologici ancora presenti. Il principio base da seguire rimane quindi quello della tutela delle zone naturali non ancora degradate o distrutte, ed è quindi necessario aumentare l’attuale superficie sottoposta a forme di tutela in grado di evitare nuovi impatti. Questo concetto, così terribilmente banale nella sua semplicità, purtroppo non sembra essere chiaro a tutti, e ci si ostina a voler costruire infrastrutture che sappiamo già essere destinate all’abbandono, laddove si poteva scegliere di riutilizzare vecchie strutture, anziché optare per l’abbattimento di un lariceto.
Fonte: www.ildolomiti.it
10.03.2024